lunedì 20 dicembre 2010

Il Big Brother siamo noi

L'incipit è una riflessione del Presidente Giorgio Napolitano: "C'è da colmare un distacco ormai allarmante tra la politica, le istituzioni e le forze culturali e sociali in un paese che pure continua a dare tante prove di senso di responsabilità, di dinamismo, di coesione e di solidarietà". Colmare un distacco ormai acido.Un gap evidente tra politica e società. Le parole di Napolitano sono meno banali e formali di quanto si possa presumere e colgono il lato sostanziale di una crisi che lacera e consuma tanto i palazzi del potere, quanto l'esistenza del singolo. Incomunicabilità, indifferenza e paternalismo. Le tre crepe che dilatano le lunghezze, che ergono mura innanzi allo scontento. Mura in parte simbolizzate dai blindati della polizia attorno a Montecitorio durante le manifestazioni del quattordici dicembre. Dietro un blindato non si vedeva Montecitorio, dentro al Parlamento non si sentiva Roma. Uno scontento rabbioso e tuttavia ignorato e quietato da mesi con argomentazioni da Stato-padre. Il paternalismo. Lo Stato sa sempre cosa è bene per voi studenti e precari, fidatevi. Il deputato Pdl Maurizio Gasparri incarna bene questo atteggiamento in poche frasi: "Genitori, dite ai vostri figli di stare a casa. Quelle manifestazioni sono frequentate da potenziali assassini. Vanno evitate." Lo Stato-padre consiglia. Consiglia di non invischiarsi con i manifestanti: è un rischio. Per il vostro bene cittadini, un po' come le campagne contro il fumo.
Nell'era del 2.0, del web, dei social network e della comunicazione è ancora possibile una tale incomunicabilità e univocità del potere? E' ancora necessario un potere sordo che grida direttive o consigli? Tutto ciò ha ancora un senso? A quanto pare la questione sembra non limitarsi alla sola Italietta. Guardiamo a Wikileaks. Al di là dei cables e dei contenuti più o meno scottanti, ciò che rimarrà inciso a lungo nel taccuino della storia sarà il radicale mutamento paradigmatico che la vicenda ha portato con se. Pensate al potere orwelliano, quello rigido, freddo, scorbutico, intransigente e unidirezionale. Un potere volto verso il basso. Che plasma, modella oppure cancella. Guardate ora al nuovo potere che possiamo esperire e cominciare a respirare nel post-Wikileaks: è l'anno zero di un nuovo paradigma.
Il controllo dopo Julian Assange non è più a senso unico, il controllo diventa circolare. Lo Stato osserva ancora il cittadino? Certamente e necessariamente: da Echelon ai body scanner, dalle dichiarazioni dei redditi alle impronte digitali, ma ogni cittadino può oggi, qualora lo voglia e ne abbia capacità, controllare uno stato, osservarlo, leggerlo tra le righe di un cable, verificarne la direzione. Dal basso. Al di là dei felici proclami a utopie di democrazia diretta che possono derivare da queste poche righe, quello che  rimane è la nuova spiazzante vulnerabilità degli stati post-moderni. Wikileaks ha posto la prima pietra, sorgono adesso siti come Openleaks, Brusselsleaks e molti altri, iniziative simili frutto di una società dimenticata, ma ancora speranzosa dietro ai blindati del potere politico. Lo Stato è debole se una società vigile vuole che lo sia. Oggi solo gli hackers, domani chissà. L'occhio del Big Brother non è più uno soltanto.

Luca Ciccarese

mercoledì 15 dicembre 2010

Non piangere Italietta

The day after tomorrow, l'alba del giorno dopo. Mesi di attriti, scissioni, litigi e mediazioni. Quattordici dicembre, il Parlamento respinge la mozione di sfiducia. Il governo resiste, galleggia. Buongiorno Italia, hai quasi centocinquanta anni e come stai Italia? Trecentotredici contro trecentoundici, due astenuti, sei salva, o no? Magari ripensi agli insulti? Ai cori da stadio in Parlamento, al rumore ovattato delle esplosioni e delle sirene fuori dal Parlamento, al dito medio di Gasparri, al "Va' pensiero" intonato dalla Lega, alle risse tra deputati. Buongiorno Italia. Sembra tu sia preoccupata, non starai pensando che ti abbiano venduta o stuprata, per trenta denari magari. Ti ho sentita piangere ieri pomeriggio Italia, fuori dal Parlamento. Sentivo le tue urla tra le fiamme. Lacerata, dimenticata, straziata. Hai finalmente pianto Italia, sono sgorgate lacrime di rabbia per le vie di Roma, credevo non potesse più accadere. Alla tv dicono che tutto va bene, ma ho sentito le tue urla. Dicono che sono pazzo. Non te la prendere con i deputati Italia, dal Parlamento non riescono a sentirti, e non arriva nemmeno la puzza dei rifiuti. Eppure parlano sempre di te sai? In continuazione. No, che dici, non parlano di se. Lo so, lo so che certi deputati non sono sembrati così 'limpidi' ieri, ma l'hanno fatto per il tuo bene sai, me l'hanno detto. Pensa un governo tecnico dove ti avrebbe portata, pensa che tragedia per la sovranità popolare. E poi anche se Antonio Razzi, Gianpiero Catone, Massimo Calearo, Bruno Cesario, Maria Grazia Siliquini e Catia Polidori ti avessero - come dicono - venduta per trenta denari, beh trenta per sei fa centottanta, non è vero che vali poco, in ogni caso. Almeno sei volte Gesù Cristo, pensa. Sì Italia, so bene che non sei una cima a matematica, ma magari su altri argomenti sarai più preparata, dici di no, perchè? I tagli all'istruzione? E dai, quanti problemi che ti fai Italietta, a centocinquant'anni cosa vuoi stare ancora lì ad istruirti. Il mondo è molto più bello e sicuro dagli occhi di uno sciocco, la cultura genera il dubbio e in più, come dice Tremonti, mica si mangia! Certo qui da te il problema non è certo il cibo, qui ti do ragione, una delle migliori cucine al mondo la nostra no? E poi il mare, il sole, la storia e molte altre belle cose sicuramente. No, no, la mafia ormai non esiste quasi più, tra poco esauriranno la lista dei superlatitanti e non ci sarà da preoccuparsi Italietta mia. Ancora con le stragi del '92? Sono questioni vecchie, bisogna guardare avanti. Su, lasciati accarezzare Italia e non ricominciare a singhiozzare per Pompei, sta crollando solo per le piogge intense, e in ogni caso sono sempre rovine, mica si mangiano. Adesso devo andare, ti lascio solo un attimo e torno immediatamente a consolarti, hanno chiamato il mio nome sai, devo votare per la mozione di sfiducia al ministro dei beni culturali Sandro Bondi. Vado. "Fiducia".

Luca Ciccarese

mercoledì 8 dicembre 2010

L'essenza di Twitter

Scrivo un'articolo per rispondere in un colpo solo a tutti quelli che mi chiedono chiarimenti su Twitter.
Non parlerò di altre reti sociali e non farò confronti (o quasi), anche perché non servono. Consiglio semplicemente a tutti di provare a cinguettare per credere in quel che dico. Non sarà una guida pratica all'utilizzo ma l'interpretazione che io do a questa rete, per svelare un'idea e non un meccanismo.

La domanda tipica è:"Ma Twitter com'è? E' tipo Facebook?" In senso tecnico effettivamente è un social network come il ben più diffuso FB ma la filosofia che ci sta dietro è del tutto diversa.

Probabilmente i fondatori dell'uccellino volevano solo creare una versione "semplificata" della rete blu in cui ci si scambiassero solo messaggini di breve lunghezza. Però, come si suol dire, hanno creato un mostro (di bravura, of course).

La vera forza di Twitter, che poi è anche quella di internet è proprio la gente che lo frequenta. Gli argomenti che vi si trattanto. La massiccia dose di democrazia intellettuale e libertà di pensiero che lo riempie.

L'utente di twitter crea un proprio profilo in cui inserisce informazioni NON personali (cioè scrive informazioni di pubblico dominio) e al massimo un'immagine, non necessariamente una propria foto.
Nella descrizione può inserire i propri interessi, le proprie passioni in modo del tutto libero, senza schemi preimpostati. Tutto questo contribuisce a creare quel velo di "sicurezza" che si sta ormai perdendo online e che a mio parere faceva tanto bene agli albori di internet.

Dopo aver creato una propria pagina si comincia con il seguire alcuni utenti dei quali si desidera ascoltare il pensiero o conoscere i fatti più recenti. Molte ONG inviano costantemente aggiornamenti sulle proprie attività e molti personaggi pubblici diffondono informazioni utili per tutti. Diciamo che partire da questi è un buon inizio per farsi un'idea, per abituarsi gradualmente al più innovativo concetto di comunicazione che ci sia attualmente.

A questo punto, se si comincia a leggere qualcosa di interessante arriva prima o poi la necessità di conoscere il parere di altri "comuni mortali" e quindi è il momento di seguire persone comuni, con la loro vita di tutti i giorni, i loro pensieri, le loro idee. Ecco che scatta anche il meccanismo del retweet.
Mettiamo infatti che leggiate il messaggio di Bob e lo troviate particolarmente importante. Potete girarlo a tutti quelli che seguono voi che, qualora non fossero followers di Bob, non avrebbero la possibilità di leggere tanta perla di saggezza.
Una volta girato a tutti il messaggio chi lo legge magari si accorge che Bob è una bella testa (come si dice dalle mie parti) e quindi è il caso di seguire quel che dice. E' una reazione a catena degna del miglior impianto nucleare al mondo.

Alla "terza fase" l'utente può dare il proprio contributo alla comunità scrivendo di sé, di quello che conosce, di quello che ha sentito dire, di quello che sta facendo, di come sia la sua vita.
Questo che apparentemente può sembrare il momento più "gossip" è in realtà l'attimo in cui si comincia a comprendere la realtà democratica di questo sistema, in cui tutti dicono qualcosa e tutti possono scegliere cosa ascoltare, anche in modo asimmetrico se necessario (tu segui me, ma io non seguo te o viceversa). Ognuno contribuisce e può portare davvero del materiale importante. Cercate su Google quello che è stato fatto grazie a Twitter, tra cui la velocità con la quale vennero fuori eventi importanti come la rivoluzione studentesca in Iran, e la famosa morte di Neda (RIP eroe della libertà) molto prima che i notiziari diffondessero l'informazione. Twitter scavalca la censura perché è fatto dalla gente semplice che ha solo da guadagnare dalla diffusione della verità.

Quando si è più esperti ci si può buttare in ricerche di argomenti particolari visualizzando i tweet di altra gente (anche non followata) in ogni parte del mondo per sapere cosa pensino dell'argomento in Giappone o a Dubai o a New York. Da qui si possono trovare nuovi contatti (purché ne comprendiate la lingua) e ovviamente sviluppare le proprie capacità di comunicazione, allargando anche il proprio intelletto.

Potete immaginare dunque il potenziale di una rete così strutturata in cui le informazioni girano alla velocità della luce e in cui i link rimandano a fonti ESTERNE alla rete Twitter stessa. Fonti documentabili e così immediatamente fruibili. Senza intasamento di link inutili sulla timeline (ogni riferimento ad enti esterni è puramente casuale). La potenza di una rete che, fatta di gente, migliora la gente e non la chiude in una scatola dalla quale non si vede l'esterno.

Forse se siete novellini non avrete capito alcuni termini, ma ripeto: questa non è una guida all'uso di Twitter ma all'interpretazione dello stesso, che è stata DECISA dalle persone (a proposito, il meccanismo del retweet è un'invenzione degli utenti, che è stato implementato ufficialmente nel sistema successivamente alla creazione dello stesso).  La vera forza di Twitter, è chi ci va.

Buona pausa a tutti.
Daniele Faugiana


lunedì 6 dicembre 2010

Non si può uccidere internet

Il fenomeno WikiLeaks recentemente esploso ha messo ancora una volta in evidenza la potenza di Internet, la sua velocità nel diffondere informazioni, di fronte a un mondo rimasto impotente innanzi a tutto ciò.
E' patetico tutto quel che si sta facendo per arrestare Assange; si è giunti fino all'accusa di stupro, secondo molti infondata, poiché nei paesi in cui risiede WikiLeaks non è possibile arrestarlo per motivi di censura.

Tutto questo sforzo da parte delle organizzazioni e delle istituzioni per fermare questa avanzata è completamente inutile. Esattamente come l'open source, anche l'informazione libera non si può fermare: la loro essenza è composta di ideali, di immaginazione, di innovazione. Non ha senso cercare di fermare ciò che non è materiale. Anche tagliando le gambe a WikiLeaks ormai la parete è sfondata, ci sarà qualcun'altro a fare il loro lavoro. Non dobbiamo aver paura delle minacce dei governi.

Internet può fermarsi solo con la violenza e la coercizione. Ma se mai un paese dovesse azzardarsi a toglierci anche questa libertà allora non ci saranno scelte: dovremo riprenderci quella libertà, come dovrebbero fare cinesi e mediorientali, di quei paesi in cui si applica una ferrea censura online.
Per fortuna, adesso, siamo in tempo di pace e possiamo combattere con strumenti non violenti. Non c'è bisogno di fare la guerra a nessuno. La parola d'ordine è una sola: diffondere. Veloci come la luce, sottili come l'aria, spariamo ogni minima informazione su questa rete e capovolgiamo il mondo!

WikiLeaks ha cambiato dominio di recente dopo aver preso un vero e propio calcio in culo dai proprietari del dominio ospitante (Amazon). Da wikileaks.org è cambiato in wikileaks.ch e in questo momento sul sito sono presenti svariate richieste di aiuto, dalla donazione di fondi (a proposito, anche PayPal ha chiuso le porte in faccia a Julian Assange, dovrete usare altri metodi) al "prestito" di risorse di hosting su server Unix.

Mi raccomando restate sintonizzati sulla lista dei mirrors ufficiale dove sono presenti tutti i possibili accessi al sito. Memorizzatela se possibile, per evitare di perderla in caso di qualche problema! Questo permetterà a WikiLeaks di restare attiva anche in caso di attacchi multipli.
E' ora disponibile una pagina su questo blog dove sono elencati questi mirrors, utile se dovesse diventare irraggiungibile quella ufficiale. Andate qui: WikiLeaks Mirrors 

Daniele Faugiana