venerdì 30 aprile 2010

Crack in Grecia: Finanza 1 - Economia reale 0



"Negli ultimi venti anni abbiamo assistito al progressivo dilatarsi della dimensione della finanza globale, fino ad essere del tutto svincolata dalle esigenze dell'economia reale. Con un ribaltamento di paradigma, la finanza da ancilla e' divenuta domina" Carlo Azeglio Ciampi



La politica sarà investita da tensioni di enorme portata, che spazzeranno via interi sistemi. Non è una quartina di Nostradamus, ma un possibile scenario dopo il crack della Grecia. Il dominio della finanza sull'economia reale e sulla politica sembra infatti in questi ultimi tempi esternarsi in tutta la sua immorale e irresponsabile potenza. Le proporzioni della crisi greca sono certo modeste in rapporto all'intera Unione Europea, ma aprono una finestra speculativa "perfetta" per rovinare un paese e contagiare gli altri.
Speculare
contro i paesi “fragili” sul piano finanziario diventa una ghiotta occasione per nuovi profitti che possano risollevare un po’ i bilanci delle numerose banche provate dalla crisi. La finanza inizia a guadagnare chiedendo tassi d’interesse più alti (per comprare i titoli di stato decennali di Atene si chiede ora un rendimento di 7 punti percentuali più alto dei Bot tedeschi quando due mesi fa era di quattro punti), scommette sul deprezzamento del valore dei titoli pubblici e  sull’insolvibilità del governo di Atene.

I grandi speculatori di Wall Street sanno bene che il dollaro, l’architrave della finanza mondiale, dovrà cedere (è infatti impossibile rifinanziare la valanga di titoli del debito pubblico statunitense che verrà a scadere fra pochi mesi). Perciò va fatta crollare l’alternativa monetaria disponibile, l’euro, e creare un bisogno forzoso ed estremo di dollari.

E così con i meccanismi da loro manovrati attraverso spaventose entità criminali (le agenzie di rating), gli speculatori decidono i tempi e i modi dei crolli, su cui hanno scommesso montagne di soldi con la certezza di vincere.  La Banca Centrale Europea non può acquistare i bond spagnoli o greci se il loro rating non raggiunge una certa soglia. Così, chi decide il rating può decidere quando e come far cadere i pezzi di un sistema, Stati interi. Il rating della Spagna intanto, è stato già abbassato portando un clima di panico nell' UE.


Se nel 2008-2009 i "soliti ignoti"  vampiri della finanza affossavano le banche, gravate di scommesse impossibili su debitori insolventi, oggi affossano addirittura gli Stati sovrani. La politica, per coprire i debiti,  avrà scelte estremamente costose da fare: aumentare le imposte, scatenare l’inflazione per ridurre il peso del debito, altrimenti fare bancarotta.

Tempisticamente perfetto d'altronde è stato l’annuncio delle banche Goldman Sachs e JP Morgan Chase: non più "soli" 45 miliardi di euro per salvare Atene, ma almeno 600 miliardi di euro. Cifra superiore a quella che martoriò le casse Usa per impedire il collasso totale nel 2008, quando i contribuenti furono salassati per 700 miliardi di dollari, una parte dei quali spudoratamente finiti nei bonus dei manager. Adesso i contribuenti, cioè coloro che dovranno pagare indirettamente la crisi greca, potremmo essere noi in quanto cittadini europei. I manager con i portafogli gonfi saranno invece sempre gli stessi. Come afferma il filosofo Umberto Galimberti, la nuova  lotta di classe del XXI secolo è quella tra economia reale e finanza.

Paradossalmente, le vittime sacrificali di questa crisi- gli Stati-  sono stati spesso gli stessi che attraverso i propri governanti avevano osannato la liberalizzazione della finanza e consentito la speculazione.

Ancora oggi gli Stati continuano a credere che sia bene lasciare i mercati di finanza e monete senza vincoli e tasse. La politica sembra incapace di pensare a dinamiche diverse nel rapporto tra bene comune e interessi privati, finanza ed economia reale, capitale e lavoro. Prigioniera di una visione del mondo neoliberista. Nuova ideologia totalizzante e irresponsabile.

Finiamo in 'bellezza'; Federico Rampini su «la Repubblica» del 29 aprile 2010 scrive: «Un'inchiesta del Department of Justice accusa i più importanti hedge fund (Soros, Paulson, Grenlight, Sac capital) di aver concordato un attacco simultaneo all'euro, in una cena segreta l'8 febbraio a Wall Street. Il giorno dopo, 9 febbraio, al Chicago Mercantile Exchange i contratti futures che scommettevano su un tracollo dell'euro erano schizzati oltre 54.000, un record storico. Con Goldman Sachs e Barclays in buona vista nelle cronache su quelle grandi manovre.»

Che altro aggiungere?


Luca Ciccarese

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