Una volta i governi agivano in modo pragmatico perché il paese crescesse al suo interno, e in effetti molto è stato fatto, sia a livello economico, che giuridico, così come molto è stato fatto per renderlo una potenza nelle dinamiche internazionali; e qualche bricconata, tra potere e denaro, del politico nel suo agire per lo Stato, rimaneva un costo accettabile della macchina pubblica. Il vero problema non era quanto i politici si mettessero nel portafoglio, o quali vizi avessero, bensì perché, accanto a grandi riforme, nulla venisse fatto per far crescere e germogliare nel corpus sociale una morale civile. Proprio a partire da questa carenza è iniziata la caduta.
La vecchia classe dirigente politica, che nonostante i suoi limiti agiva per lo Stato, nel tempo è stata sostituita. Il ricambio è avvenuto con soggetti che si sono formati all’interno della cultura non cooperativa, sfruttata per ottenere facili consensi. E’ quindi diventata inevitabile l’azione politica degli ultimi decenni: da un lato l’interesse per il prestigio dell’Italia all’estero è diventato un hobby nell’agenda di governo, dall’altro si sono ridotte le iniziative per ogni altro importante progetto di sviluppo interno. Ad essere aumentata è solo la spinta dei politici a perseguire il proprio tornaconto più spicciolo, godendo dei privilegi (leciti e non) che una tale funzione gli ha permesso. Berlusconi è solo la massima espressione di questo processo, sbocciato da una società incapace di sentirsi un unico gruppo che non alza lo sguardo oltre il proprio orticello.
L’Italia si merita i governanti che ha, nati dal suo grembo. L’attuale classe politica, maggioranza e “opposizioni”, per quanto vista spesso come conflittuale e polarizzata, non può che cercare di mantenere lo status quo, e per farlo come agisce? Stimolando proprio quei processi che l’hanno resa tale: l’assenza di un senso di Stato di cui tutti partecipino.
Usando le Istituzioni come strumenti di fazione, al di là della loro natura storica di soggetti giuridici (preferibilmente) super partes o non deplorando tutti quei fenomeni di irresponsabilità, uno su tutti l’evasione fiscale, oggi trofei e simboli d’astuzia, i governanti non solo cementano le proprie cariche, ma atrofizzano la morale civile, rendendo ancora più facile perseguire i propri scopi.
L’unica vera novità che spinge ulteriormente nell’abisso il sistema è la cultura detta berlusconiana, tutta paillettes e “spazzatura mediatica”, che Lui avrà usato per primo, ma della quale tutti hanno beneficiato, in fondo. Buona parte dei quotidiani e delle trasmissioni televisive di informazione politica si sono ridotte ad un continuo quanto vacuo j’accuse, fondato non tanto su programmi elettorali o scelte di governo, né sulla inerzia delle opposizioni, bensì sul puro gossip morboso dell’ On. Tizio pescato a transessuali o dell’ On. Caio organizzatore di festini. Fatti deplorevoli e da rendere pubblici ovviamente, ma che mostrano al cittadino solo il rispettivo grado di “sporcizia” dei propri politicanti evidentemente; non favorendo certo lo sviluppo di una coscienza sui bisogni del paese e su quelli del cittadino.
Si è saputo di una giovane militante del PdL che ha chiesto di far luce sulle responsabilità della Minetti. Tralasciando l’interesse mediatico che può avere la giovane per ottenere notorietà, è importante cogliere un fattore: forse c’è una speranza. La speranza si trova nelle nuove generazioni. Forse queste, avendo potuto osservare lo spettacolo dei “vecchi”, e cogliendo i frutti amari del loro “lavoro”, per assurdo potrebbero capire gli errori e dal cattivo esempio trarre gli insegnamenti per cambiare; in meglio. Il vantaggio dei giovani è che possono superare, complici la tecnologia e le possibilità di ricevere un’istruzione più completa che nel passato, quei muri di disinformazione e diseducazione che vengono innalzati quotidianamente. Tuttavia parte del problema potrà essere risolto solo con il fondare o ritrovare una morale civile edificata sulla collaborazione, sulla legalità e sul rispetto delle Istituzioni, che tutti devono accettare, indipendentemente dalle preferenze ideologiche, economiche e sociali: preferenze legate da sempre alle scelte e alle storie del singolo; ma la collettività è più della somma dei singoli.
Andrea Tommei
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